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La Direttiva Copyright, la comunicazione commerciale e la responsabilità dei providers


La Direttiva Copyright, la comunicazione commerciale e la responsabilità dei providers

L’accesso ad Internet ha decisamente cambiato le nostre vite, generando infinite opportunità, ma anche nuove questioni giuridiche da considerare. Infatti se da un lato, le piattaforme di condivisione hanno consentito agli utenti di avere accesso ad una grande quantità di contenuti protetti, di converso, tale situazione non ha fatto altro che aumentare notevolmente il rischio di violazioni del copyright ed il proliferare incontrollato di materiali pirata. In questo scenario l'Europa ha sentito forte l’esigenza di armonizzare la disciplina del diritto d'autore, in maniera tale da stimolare la creazione e gli investimenti nei contenuti, la loro diffusione e loro fruibilità, travalicando le frontiere e attingendo alla ricca diversità culturale, ma allo stesso tempo prevedendo una disciplina attenta alla protezione degli autori e dei loro diritti.

Ebbene, il legislatore europeo si è preoccupato di disciplinare tali suddetti aspetti attraverso la Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, detta anche “direttiva copyright” emanata proprio con l'obiettivo di armonizzare il quadro normativo comunitario del diritto d'autore nell'ambito delle tecnologie digitali, successivamente recepita anche in Italia attraverso il D.lgs. n. 177/2021. 

Gli aspetti regolamentati sono molteplici, alcuni semplicemente replicati, altri con assunti del tutto innovativi.

Tra gli aspetti maggiormente delicati troviamo la comunicazione commerciale, la cd pubblicità on-line crocevia tra la protezione del diritto d’autore e altri diritti meritevoli, quali la libertà di espressione, di informazione e la libertà di impresa. 

Preliminarmente definiamo il termine pubblicità, in: “Qualsiasi forma di messaggio che è diffuso in qualsiasi modo nell’esercizio di un’attività commerciale industriale artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”.

Questa definizione ha ingenerato negli anni tanti dubbi interpretativi, anche e soprattutto in ordine alla disciplina giuridica da applicare alla fattispecie. La prima questione che nel tempo è stata avanzata dagli operatori di settore è capire se la pubblicità così intesa, andasse intesa come promozione per la vendita di prodotti o servizi, quindi uno strumento proprio dell’attività commerciale, riconducibile all’articolo 41 della Costituzione in quanto libertà di iniziativa economica, o rappresentasse invece una forma di manifestazione del pensiero disciplinata dall’articolo 21 della Costituzione, ovvero da intendersi come libertà di espressione. Sul punto è negli ultimi tempi intervenuta più volte la giurisprudenza ritenendo che la pubblicità non rappresenterebbe direttamente un esercizio del diritto fondamentale di libera manifestazione del pensiero, bensì rientrerebbe nella sola sfera del diritto di iniziativa economica. Per quanto attiene invece, alla collocazione della pubblicità digitale in questo nuovo assetto normativo, vediamo come sia il decreto di recepimento che la stessa direttiva non parlano direttamente di pubblicità digitale, rinviando sempre alla normativa sul diritto d’autore, ma ne fanno cenno solo indirettamente e principalmente trattando il tema di esenzione da responsabilità dei providers e delle relative garanzie. Ben possiamo dire quindi che le norme previste dalla nuova disciplina sul diritto d’autore non hanno apportato sostanziali modifiche al regime di tutela di protezione giuridica riservato ai messaggi pubblicitari, restando pertanto invariata in questo ambito la precedente normativa.

Una trattazione separata è da farsi invece con riferimento ai providers, ovvero ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, ove la norma cardine è l’art. 17, risultato di un complesso bilanciamento e recepito in modo assai fedele in Italia dagli artt. da 102-sexies a 102-decies della l. 633/1941 sul diritto d’autore.

Vediamo quindi, come è andato a delinearsi questo nuovo regime speciale di responsabilità per le piattaforme. Partendo da una regola base, dobbiamo ricordare che i providers nel compiere un atto di comunicazione al pubblico concedono l’accesso a contenuti protetti che vengono caricati dai loro utenti, tali contenuti devono essere obbligatoriamente autorizzati dai titolari dei diritti stessi. 

In mancanza di autorizzazione, però, i providers, ovvero le piattaforme di condivisione non possono e non devono intendersi necessariamente responsabili dei caricamenti illeciti, d’altronde, è pressoché inverosimile poter ottenere le autorizzazioni per la totalità di contenuti protetti caricati dai loro utenti. Ed invero, sarà proprio grazie alle disposizioni contenute nell’ art. 17 che i providers potranno esimersi dalla responsabilità dimostrando di aver soddisfatto cumulativamente tre condizioni: a) di aver negoziato anticipatamente le licenze con i titolari dei diritti d'autore; b) di aver impedito di rendere disponibili opere e altri materiali per i quali hanno ricevuto le informazioni dai titolari dei diritti; c) di aver disabilitato l'accesso o di aver rimosso dai propri siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e di averne interdetto il caricamento per il futuro. Inoltre, un’ altra possibilità per poter esimere da responsabilità il prestatore è quella di considerare precisi criteri di valutazione, come la tipologia, il pubblico e la dimensione del servizio, il tipo di opere o di altri materiali caricati dagli utenti, la disponibilità di strumenti adeguati ed efficaci e il relativo costo per i prestatori di servizi.

Me vi è di piú, oltre alle esimenti da responsabilità sopra elencate, il nuovo assetto normativo fa riferimento anche ad una serie di garanzie, tra cui i blocchi automatizzati per i contenuti di manifesta illiceità e segnalazioni ex post da parte dei titolari dei diritti degli contenuti ammessi all’on-line, in caso di presunte violazioni, attraverso meccanismi di reclamo. Altra garanzia è  data dall’obbligo di applicare il nuovo regime normativo solo nei confronti dei grandi operatori che hanno accesso ad una grande quantità di contenuti, esimendo da responsabilità le piccole start up, favorendone l’ingresso e il consolidamento sul mercato (paragrafo 6 dell’articolo 17 della direttiva e al nuovo articolo 102 octies comma 1 della Legge sul diritto d’autore). Ancora, un’altra garanzia è sicuramente da rinvenirsi nella possibilità per l’utente di servizi che non agisca su base commerciale o che dalla sua attività non generi ricavi di vedersi estesa l’autorizzazione automatica all’utilizzo dei contenuti senza doverne acquistare i diritti (paragrafo 2 dell’articolo 17 della direttiva e all’articolo 102 sexsties comma 4 della Legge sul diritto d’autore). In sintesi e concludendo l'art. 17 della direttiva pur escludendo l'obbligo generale di sorveglianza, pone stringenti obblighi a carico dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e li richiama ad un forte senso di responsabilità come appare giusto considerato il livello dei guadagni che tali piattaforme possono raggiungere e di rischi che possono derivare dalla loro attività per i titolari dei diritti. 


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