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Immagine del redattoreGiovanna Acierno

La tutela penale dell’ambiente: l’analisi del formante legislativo tra normativa interna e comunitaria


La tutela penale dell’ambiente: l’analisi del formante legislativo tra normativa interna e comunitaria.

La legge n.68 del 2015 ha introdotto nuovi delitti a salvaguardia dell'ambiente nel codice penale, modificando il quadro normativo previgente che affidava in modo esclusivo la tutela dell'ambiente a contravvenzioni e sanzioni amministrative, previste dal Codice dell'ambiente (d.lgs. 152 del 2006). Con l’aggiunta nel codice penale dei delitti contro l’ambiente si recepisce la Direttiva 2008/99/CE sulla tutela ambientale e si consente in questo modo un deciso contrasto dei crimini ambientali, insieme a un significativo rafforzamento delle azioni di prevenzione. La normativa prevede l’inserimento di nuovi delitti, l’inasprimento delle sanzioni e il raddoppio dei termini di prescrizione. 

Quelli contro l’ambiente vengono, più comunemente, chiamati con la locuzione di “ ecoreati”Gli ecoreati sono reati contro l’ambiente e di conseguenza anche contro l’uomo. Si tratta di azioni dannose che colpiscono un bene comune come la Terra che, invece, deve essere protetto e tutelato: chi danneggia l’ambiente inquinando e avvelenando il territorio ferisce anche la salute delle persone. 

La normativa sugli ecoreati permette soprattutto di riconoscerli attraverso l’elaborazione di una precisa classificazione. La lista degli ecoreati riconosciuti dal nostro Codice Penale, comprende:  il disastro, oltre che l’inquinamento ambientale. La prima delle due fattispecie, attiene all’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema, nonché l’offesa all’incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo. Il disastro ambientale, inoltre,  è aggravato se commesso in area protetta o sottoposta a vincolo, o in danno di specie protette. 

Per quanto, invece, concerne l’inquinamento esso comporta la compromissione o il deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente delle acque o dell’aria o di porzioni estese del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità anche agraria, della flora o della fauna. Ulteriori fattispecie di delitti contro l’ambiente sono il  traffico o abbandono di materiali ad alta radioattività, il cd. Impedimento del controllo ambientale nonché l’omessa bonifica. 

Tali delitti, come innanzi detto, sono stati introdotti dalla legge 68/2015 è collocati appositamente nel capo IV bis del Codice Penale; la legge in questione ha, altresì, modificato il TU ambientale (D.Lgs. 152/06) una nuova parte (VI-bis) che prevede il potere di prescrizione. 

L’art. 1, co. 9, L. 68/2015 dispone l'inserimento all’interno del D.lgs. 152/06, di una Parte Sesta-bis dedicata all’estinzione di determinati reati contravvenzionali in materia ambientale mediante una specifica procedura che consiste nell’adempimento delle prescrizioni impartite dagli organi di vigilanza e nel pagamento di una somma determinata a titolo di sanzione pecuniaria.

Il campo di applicazione della procedura di estinzione dei reati ambientali riguarda le sole ipotesi contravvenzionali previste dal D.Lgs. 152/06 che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette (v. art. 318-bis, D.Lgs.152/06). Quanto, in ultimo, alla normativa comunitaria il 27 febbraio scorso, il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno approvato la nuova direttiva in materia di reati ambientali. Per Bruxelles, era diventato ormai inadeguato il sistema sanzionatorio della direttiva 2008/99/CE ed era giunto il momento di aggiungere nuove violazioni, inasprire le sanzioni e migliorare l’efficacia delle indagini e dei processi ambientali. I principi ispiratori della riforma delineata nella direttiva del 27 febbraio sono quelli di precauzione, azione preventiva, correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente, complementarietà del diritto penale e del diritto amministrativo, principio del “chi inquina paga”. La crescente diffusione dei reati ambientali oltre i confini degli Stati in cui sono commessi, ha reso indispensabile rafforzare la cooperazione transfrontaliera. L’esperienza ha mostrato che l’inosservanza degli obblighi di agire può avere gli stessi effetti negativi sull’ambiente e la salute di una condotta attiva, per questo la direttiva prevede una stretta anche sui reati omissivi. Le nuove norme fissano anche la soglia qualitativa o quantitativa che è necessario superare perché la condotta costituisca reato, punendo solo condotte intenzionali o commesse quantomeno con colpa grave. È considerata come reato anche la condotta autorizzata, se l’autorizzazione è stata ottenuta in modo fraudolento, con corruzione, estorsione o coercizione. Il responsabile sarà punibile pure se l’autorizzazione, rilasciata in modo legale, violi manifestamente i pertinenti requisiti giuridici sostanziali, o il titolare non rispetti tutti gli obblighi previsti dall’autorizzazione o altri obblighi giuridici pertinenti non contemplati dall’autorizzazione. Tra le nuove fattispecie di reati ci sono il commercio illegale di legname, l’introduzione illegale di energia nell’ambiente, che provochi o possa provocare danni rilevanti all’ambiente e alla salute umana, l’esaurimento delle risorse idriche, gravi violazioni della legislazione UE in materia di sostanze chimiche, l’inquinamento provocato dalle navi. Un’attenzione particolare è riservata ai reati ambientali commessi dalla criminalità organizzata e a quelli commessi attraverso forme di corruzione con le istituzioni, e con la tolleranza delle stesse. Inasprite le sanzioni, soprattutto quelle accessorie, incluso l’obbligo di ripristinare l’ambiente, l’obbligo di risarcire il danno irreversibile, l’esclusione dall’accesso a finanziamenti pubblici, procedure di gara, sovvenzioni e concessioni, il ritiro di permessi e autorizzazioni. Dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’UE, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le norme nel diritto nazionale.


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