Le fattispecie di apologia ed istigazione, oltre alla loro dimensione penale, coinvolgono aspetti che vanno oltre il mero contesto giuridico, poiché si intrecciano con i diritti fondamentali delle democrazie liberali. Esse pongono l'attenzione sulla delicatezza della convivenza tra il diritto individuale alla libera espressione del pensiero e l'esigenza sociale di proteggere l'ordine pubblico e la sicurezza dalle idee che possono trasformarsi in azioni concrete e dannose per la collettività. Nel contesto del Faust di Goethe, il protagonista cerca di attribuire un significato concreto alla parola "Logos" del primo versetto del Vangelo di Giovanni. Inizialmente usa il termine "parola", che poi sostituisce con "pensiero" e infine con "azione", sottolineando che il vero Logos si manifesta attraverso l'azione concreta e non può rimanere solo un'astratta espressione verbale. Questo concetto richiama l'idea che certe parole sono così potenti da richiedere una traduzione in azioni tangibili per essere autentiche e significative. Nella riflessione legale e sociale, questo approccio evidenzia la complessità della libertà di espressione e il suo impatto sul benessere collettivo. È fondamentale bilanciare il diritto individuale alla libertà di parola con la responsabilità di evitare la promozione o l'incitamento a comportamenti dannosi per la società. Le norme sull'apologia e sull'istigazione riflettono questa tensione tra libertà individuale e sicurezza pubblica, cercando di garantire un equilibrio tra i diritti dei singoli e il bene comune.
In generale, riguardo alla categoria più ampia dei reati di opinione, la dottrina evidenzia che ciò che conta non è tanto la semplice manifestazione di un'opinione, ma piuttosto il contenuto che essa trasmette. Questi reati, definiti "content-based", si basano sulla capacità del messaggio espresso di veicolare valori contrastanti con quelli morali generalmente accettati all'interno del contesto statuale. Si tratta quindi di reati di pericolo astratto, in cui la natura offensiva della condotta è collegata al contenuto illecito del messaggio, indipendentemente dalla reazione specifica che esso potrebbe suscitare in chi lo riceve. Il disposto dell'articolo 414 del Codice penale, strutturato in quattro commi, disciplina la punibilità dell'istigazione e dell'apologia di reati. Nel primo comma, si prevede la punibilità per l'istigazione a commettere reati, posta in essere da chiunque. Il terzo comma stabilisce la stessa pena per l'apologia di reato. Il quarto comma introduce un'aggravante per l'istigazione o l'apologia di delitti di terrorismo. La norma non fornisce una chiara distinzione ontologica tra apologia e istigazione, il che potrebbe far sembrare convincente l'argomento per la sovrapposizione delle due figure delittuose, come sostenuto da parte della dottrina. Tuttavia, l'intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ne è derivato porta a preferire l'idea opposta di differenziazione, in cui il discrimine tra apologia e istigazione non dipende dal contenuto delle parole espresse, ma dal significato direzionale della condotta tipica. Nell'analisi della differenza tra apologia e istigazione alla luce della normativa codicistica, è utile considerare il significato e il contesto di queste due figure delittuose. L'apologia di Socrate nell'opera di Platone era un discorso difensivo finalizzato a giustificare le proprie azioni di fronte alle accuse, cercando di persuadere i giudici a favore della propria innocenza. Nel contesto legale, l'apologia viene invece intesa come un giudizio positivo generico sul comportamento di altri che integra condotte penalmente rilevanti. Questo comporta l'uso di un linguaggio persuasivo e accattivante per esaltare e celebrare un fatto criminoso di cui si vuole dare prova agli altri. D'altra parte, l'istigazione non si concentra sul passato, ma mira a stimolare e incitare un numero indeterminato di persone a compiere un'azione illecita simile al reato esaltato. L'istigazione cerca di determinare una volontà all'azione criminosa, rafforzando o inducendo questa volontà in individui che possono essere già inclini o estranei alla criminalità. Nel piano direzionale, l'istigazione si distingue dall'apologia perché mira esplicitamente a indurre altri a compiere un reato, mentre l'apologia si limita a difendere o giustificare un comportamento passato senza incoraggiare necessariamente azioni future simili. Confondere le due figure delittuose metterebbe in discussione l'utilità della loro distinzione e potrebbe portare a restrizioni indebite alla libertà di espressione. È importante distinguere tra apologia e istigazione per garantire una corretta applicazione della legge e proteggere la libertà di espressione in situazioni chiaramente riconducibili a una o all'altra figura normativa. Considerando la definizione normativa, la semplice esternazione del pensiero non è sufficiente per la punibilità ai sensi dell'articolo 414 del Codice penale? Rispondendo in modo affermativo, emergono tre questioni cruciali:
1. Come distinguere il pensiero espresso legittimamente da quello soggetto a sanzione penale?
2. Dove tracciare il confine oltre il quale il pensiero esternato non è più protetto ai sensi dell'articolo 21 della Costituzione?
3. Qual è la compatibilità di questa interpretazione con il principio di offensività, fondamentale in un sistema penale basato sui principi costituzionali? La complessità nel rispondere in modo chiaro a queste domande ha portato a un percorso giurisprudenziale mirato a definire meglio le linee guida delle figure in questione e ad adottare un approccio basato sugli effetti ("effect-based") per valutare le fattispecie, collegando la punibilità dell'espressione del pensiero a qualcosa di più di semplice contenuto istigatorio.